La possibilità di entrare nei panni del personaggio, o meglio di “essere” il personaggio risiede nella comunanza di ingredienti che fanno da ponte dall’io dell’attore a quello della persona che l’attore sarà in scena. Si apre qui un altro varco fertile verso il mondo psichico. Individuare e sperimentare l’esistenza di ponti percorribili tra noi e un altro (il personaggio), vissuto inizialmente come lontano, incomprensibile o addirittura incompatibile rispetto a ciò che noi pensiamo di essere e di sentire, ha un effetto potenzialmente deflagrante sulle nostre convinzioni riguardo a ciò che possiamo o meno essere. Non solo oggi, ma anche domani.
È un’esperienza, quella di scoprire in sé parti non riconosciute e nemmeno pensabili, che destabilizza rispetto alle proprie certezze sul “non essere” (io non sono maliziosa, io non sono dolce, io non sono romantico) e apre così a nuove visioni, anche future.